Louise Glück, poetessa americana dallo stile confessionale e accostata a Emily Dickinson, si aggiudica il Nobel per la letteratura per “la sua inconfondibile voce poetica che con l’austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”
È inutile negarlo. Negli ultimi anni, al nome del vincitore del Nobel per la letteratura, aggrottiamo la fonte interrogativi e corriamo a cercare notizie in rete sull’autore/autrice. Anche quest’anno il Nobel per la letteratura va, per la sedicesima volta nella storia del premio, a una donna, la poetessa americana Louise Glück, vincitrice del Pulitzer nel 1993, a molti fino ad ora sconosciuta.
Ebbene, leggendo (oggi per la prima volta) alcune delle sue poesie, che tradotte in italiano troviamo (al momento) solo grazie a Nicola Gardini per Giano Edizioni con il volume L’iris selvatico – 2003 e a Massimo Bacigalupo per Dante & Descartes Edizioni con la raccolta Averno – 2019, traspaiono nei suoi versi lo stile confessionale, che induce a paragonarla alle sue connazionali Emily Dickinson, Sylvia Plath e Anne Sexton, e la ricerca interiore di un continuo interrogarsi. Le immagini evocate e le figure descritte sono permeate da profondi significati filosofici e psicologici, soprattutto per la particolare attenzione alle figure mitologiche. A proposito del mito, Jung ha infatti affermato:
“Non si deve pensare che i miti siano stati creati solo per spiegare processi metereologici o astronomici; essi sono invece in primo luogo manifestazioni di moti inconsci, paragonabili ai sogni. Questi moti sono causati dalla regressione della libido nell’inconscio”
Di seguito, un assaggio di alcuni versi della vincitrice del premio Nobel per la Letteratura 2020:
“Padre irraggiungibile, quando all’inizio fummo
esiliati dal cielo, creasti
una replica, un luogo in un certo senso
diverso dal cielo, essendo
pensato per dare una lezione: altrimenti
uguale… la bellezza da entrambe le parti, bellezza
senza alternativa… Solo che
non sapevamo quale fosse la lezione.”
(da Mattutino, L’iris selvatico)
“Il massimo
è non avere
mente. Sentimenti:
oh, quelli ne ho; mi
governano. Ho
un signore in cielo
che si chiama sole, e mi apro
per lui, mostrandogli
il fuoco del mio cuore, fuoco
come la sua presenza.
Che altro può essere una simile gloria
se non un cuore? Oh, sorelle e fratelli,
eravate come me una volta, tanto tempo fa,
prima di essere umani? Vi
concedeste di aprirvi
una volta per poi non aprirvi
mai più? Perché in verità
adesso io sto parlando
come voi. Io parlo
perché sono distrutta.”
(Il papavero rosso, L’iris selvatico)
“L’odore dell’erba alta, tagliata di fresco.
Quello che uno si aspetta da un poeta lirico.
Guardiamo il mondo una volta, da piccoli.
Il resto è memoria.”
(Nostos, L’iris selvatico)
Chi è Louise Glück
Nata a New York nel 1943, attualmente vive a Cambridge, Massachusetts. Docente alla prestigiosa Università di Yale, ha debuttato nel 1968 con la pubblicazione di Firstborn. Autrice di saggi poetici, ha pubblicato 12 raccolte di poesie. Fra le più note, si possono citate le opere Il Trionfo di Achille (1985) e Aarat, (1990). Nel 1993 Louise Glück vince il premio Pulitzer della poesia grazie alla raccolta L’iris selvatico e nel 2014 riceve il National Book Award.
Leggi il pezzo sul Nobel per la letteratura 2019.