Dove vanno a finire i libri che prestiamo?

Vi siete mai chiesti perché, molto spesso, i libri che decidiamo di prestare poi non ci tornano più indietro? Come rispondete a questo dubbio? Siete arrabbiati, indignati, offesi? Oppure pensate che dietro questo gesto maleducato si nasconda ben altro? Nel pezzo che segue troverete alcune considerazioni personali su un “fenomeno” assai frequente fra lettori.

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Dove vanno a finire i libri che prestiamo?

Prestare un libro è come consegnare una parte di sè a qualcuno. Solitamente consigliamo libri che ci sono piaciuti, che ci hanno lasciato un segno e che vorremmo possano, in qualche modo, trasmettere a coloro a cui teniamo, pressappoco le stesse sensazioni o insegnamenti che ne abbiamo ricevuto.

Prestiamo libri perché vogliamo bene agli altri, perché pensiamo che un libro possa essere un sostegno.

Quando prestiamo un libro stiamo affidando un piccolo tesoro nelle mani altrui, quasi come fa il padre di una sposa al suo futuro marito, come il medico con la cura per il suo paziente, una mamma con il soffio sulla ferita del suo bambino. Nel momento in cui lo facciamo, siamo certi che il libro verrà custodito con cura, che la persona a cui lo prestiamo presto ce lo restituirà con parole di ringraziamento e uno stato d’animo alleggerito.

E se questo non accade, invece? Se il libro non torna più indietro? Sarà stato uno sbaglio prestarlo? Potremmo decidere che mai più ci fideremo di quella persona perché non ha appezzato il libro o non lo ha ancora letto, nonostante avesse quasi implorato, a te che sei una amante dei libri, un consiglio per stare meglio o semplicemente per evadere dalla realtà.

Ci siamo mai chiesti, invece, se forse il libro non è stato ancora letto, oppure come mai quel libro non è ancora tornato a noi?

Forse era proprio il libro giusto per quella determinata persona. Probabilmente, il libro è ancora nelle sue mani perché non è arrivato il momento perfetto per leggere quelle parole. O, ancora, quella persona lo ha letto il libro, ma inconsciamente ha deciso di trattenerlo a sè perché ne ha ancora bisogno.

Se ci pensiamo bene, i libri sono dei trickster, dei messaggeri di carta che con il loro profumo magico sussurrano alla nostra anima le parole che aspettavamo di sentire. Arrivano, queste parole, proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno, e se non siamo ancora pronti ad ascoltarle, allora i libri restano ancora con noi ad aspettarci, pazientemente, nel momento in cui saremo davvero pronti.

Nell’Inno ad Hermes attribuito a Omero, si legge:

 “gentilmente astuto, predone, guida di mandrie, apportatore di sogni, osservatore notturno, ladro ai cancelli, che fece in fretta a mostrare le sue imprese tra le dee immortali”

La divinità greca svolge il compito di trasportare messaggi, non solo notizie, ma insegnamenti. Nelle fiabe spunta sempre un aiutante che porge un oggetto magico all’eroe per sospingerlo verso la sua impresa. Nella vita, spesso avvengono incontri speciali, ai quali riusciamo ad attribuire un senso solo dopo che quella determinata persona o animale o segnale ci ha lasciato qualcosa, nel bene o nel male. Dopo che tutto è passato, scopriamo di non essere più gli stessi, come un vero eroe ci sentiamo più coraggiosi, saggi, cresciuti.

Ecco perché i libri che non tornano indietro sono il segnale che qualcosa di bello sta per accadere al lettore che lo tiene ancora con sé. E ho imparato ad aspettare che torni a me con il suo profumo ancora più intenso e le pagine più leggere, come il cuore di chi lo ha custodito a lungo nella sua vita.