Nell’ultimo anno, in testa alle classifiche dei libri più venduti abbiamo trovato due romanzi della scrittrice statunitense Madeleine Miller, già vincitrice dell’Orange Prize 2012, Circe e La canzone di Achille, ripubblicati in Italia da Feltrinelli con la traduzione di Marinella Magrì, e quello della nostrana Marilù Oliva, L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre, edito nel 2020 da Edizioni Solferino. I protagonisti di questi best-seller sono personaggi che tutti noi conosciamo per averli studiati a scuola durante l’ora di epica, sono gli eroi e le eroine che popolano i poemi omerici, Iliade e Odissea.
Audaci, astuti, devoti, seducenti, volitivi, i personaggi vengono analizzati da nuove prospettive, di genere, facendo emergere il ruolo di figure tenute in ombra nei secoli, come Patroclo, Penelope, Nausica, la stessa Circe, per citarne alcune. Una rivisitazione del mito classico, insomma, in chiave più moderna.
“Nessun migrante è un uomo qualunque, nessuno merita di essere ignorato. Dietro ogni esule si nascondono storie che tutti dovremmo ascoltare attentamente, perché potrebbero ribaltare ogni pregiudizio” si legge nel romanzo di Marilù Oliva, mentre in Circe della Miller troviamo scritto. “Le donne umiliate mi sembrano il passatempo preferito dei poeti. Quasi non possa esistere storia senza che noi strisciamo o piangiamo.”
Dagli eroi passiamo invece, a giorni, precisamente il 19 ottobre, agli dei greci, prima in un saggio, poi in un libro per ragazzi. I filosofi Andrea Colamedici e Maura Gancitano sono gli autori de L’alba dei nuovi dei, edito da Mondadori, in cui, con la loro ormai nota ed encomiabile mission di comprendere il presente attraverso la filosofia, affrontano i parallelismi fra i modi di comunicare dei pensatori classici e i più urgenti temi del dibattito contemporaneo, come l’avanzata del digitale e l’amplificazione delle informazioni. Gli autori ritengono che le sensazioni di precarietà e di disorientamento che tormentano la società odierna sono già appartenuti agli uomini della Grecia nel V secolo, quando fiorì la filosofia. Come allora, occorre pertanto revisionare valori e relazioni.
Sofia, Giacomo, Bartolomeo, Delia, Carlotta, Leonardo e Isabella sono una combriccola di dodicenni, amici e fratelli fra loro, che si ritrovano ogni venerdì nel loro Olimpo, vestendo i panni degli dei Greci: Atena, Marte, Dioniso, Artemide, Apollo, Venere e Mercurio. Questi i protagonisti de La banda degli dei, romanzo per ragazzi scritto da Barbara Fiorio in uscita per Rizzoli sempre il 19 ottobre. L’autrice ci trasporta in un mondo, quello adolescenziale, alle prese con timori e passioni, che si confronta con quello classico della Grecia, dal quale i protagonisti attingeranno insegnamenti importanti per la loro maturazione.
Tempo di dei, insomma, in libreria. Ma cosa spinge, attualmente, scrittori e filosofi, e vedremo anche psicologi, a occuparsi dei miti dell’antica Grecia?
Scopri la dea/il dio che è in te è stato spesso un tormentone che mi sono ritrovata pubblicizzato sui social mesi addietro. In pratica, alcuni psicologi o esperti del settore proponevano test per individuare dentro ognuno di noi una o più divinità prevalente, ossia archetipi psicologici. Chiariamo, a questo punto, cosa si intende per archetipo.
Da Wikipedia: “La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτυπος col significato di «immagine», composto da arché (άρχή, cioè «inizio, principio originario») + typos («modello, marchio, esemplare») … Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primordiale di un pensiero, quale ad esempio l’idea platonica; in psicologia analitica da Jung ed altri autori, per indicare i simboli innati e predeterminati dell’inconscio umano, soprattutto collettivo; per derivazione in mitologia, le forme primitive alla base delle espressioni mitico-religiose dell’essere umano.”
In ognuno di noi, allora, detto in maniera spicciola, mi perdoneranno gli addetti ai lavori, albergherebbero modelli, tipi, che agiscono dentro noi alla stregua delle divinità greche. Il tipo Hermes, per farla breve, è legato alle peculiarità del dio omonimo, ovvero acutezza intellettiva, prontezza della parola e dell’azione, astuzia, abilità nella comunicazione, spostamenti/viaggi e nel commercio. Riconoscere e guidare questo modello dentro noi può essere utile per il nostro percorso di individuazione, crescita interiore. Una teoria simbolica, questa, che appartiene alla psicologia archetipica, spiegata così dalla psicanalista junghiana Ginette Paris nel suo saggio La grazia pagana edito in Italia da Edizioni Moretti&Vitali con la traduzione di Alberto Panaro:
“La psicologia archetipica si presenta come antidoto a una psicologia che ci chiede di essere al tempo stesso senza incrinature psicologiche e senza sintomi, secondo il modello dei santi che vengono immaginati senza peccati e di un dio che ha rinnegato la propria ombra, il diavolo. Le divinità pagane mi attirano proprio perché ciascuna si presenta perfetta e incompleta, divina e diabolica al tempo stesso, folli e sagge alla maniera dell’inconscio.”
Fondatore di questa psicologia è lo psicoanalista americano James Hillman, allievo di Carl Gustav Jung, il quale propone una re-visione della psicologia partendo dall’attività immaginale, come quella dei miti, per ri-leggere i fenomeni etico-sociali contemporanei. James Hillman, nel suo Saggio su Pan, Edizioni Adelphi, afferma infatti:
“Quando la visione dominante che tiene assieme un periodo della cultura si incrina, la coscienza regredisce in contenitori più antichi, cercando fonti di sopravvivenza che offrano anche fonti di rinascita. I critici hanno ragione quando vedono il ‘ritorno alla Grecia’ come un regressivo desiderio di morte, come una fuga dai conflitti contemporanei nelle mitologie e nelle speculazioni di un mondo fantastico. Ma guardar indietro rende possibile andare avanti, perché il guardar indietro ravviva la fantasia dell’archetipo del fanciullo, fons et origo, il quale è sia il momento dell’inerme debolezza sia il dischiudersi futuro. ‘Rinascimento’ (rinascita) sarebbe una parola priva di significato senza l’implicita dissoluzione, la morte stessa da cui quella rinascita proviene. I critici non colgono la validità e la necessità della regressione. Essi non colgono neppure la necessità di una regressione che sia peculiarmente ‘greca’.”
Quella a cui stiamo assistendo, cioè una fioritura del mito greco in epoca contemporanea potrebbe essere letta, quindi, come un rispecchiamento in una epoca antica attraversata da specifiche dinamiche e problematiche interne, un modello archetipico per dirla in termini tecnici, di cui fare un uso sapiente per attingere nuove risorse.
E in questo i libri, con le loro storie o riflessioni, ci sono d’aiuto.