“Natale non è Natale senza regali”, si lamentò Jo, sdraiata sulla coperta. “È così spiacevole essere poveri!” sospirò Meg, abbassando lo sguardo sul suo vecchio vestito. “Non è giusto che alcune bambine possano avere tutto ciò che desiderano e altre non abbiano niente”, aggiunse la piccola Amy, tirando su con il naso con aria offesa. “Ma abbiamo il papà e la mamma, e la compagnia una dell’altra”, disse Beth compiaciuta dal suo angolo. A queste parole la luce del caminetto sembrò come ravvivare i quattro giovani visi, che però si rabbuiarono subito quando Jo disse tristemente: “Ma papà non c’è, e non lo vedremo ancora per molto.” Non disse “forse mai”, ma ciascuna di loro aggiunse in silenzio queste parole, pensando al padre lontano, sul campo di battaglia.
(Piccole donne, Louisa May Alcott)
Quello che avete appena letto è fra gli incipit più noti della letteratura mondiale che ci ricorda l’arrivo della festa più attesa dell’anno e lo spirito con cui la accogliamo. Dal latino natus, nato e dal suffisso alem, appartenenza, il Natale è augurio di nascita, nuovo inizio, ricco di speranza. Quello che stiamo vivendo è davvero così? Sentiamo ancora viva in noi la speranza di giorni a venire più sereni e meno incerti? In fondo, nell’era della società capitalista occidentale non ci mancano mai i regali, qualcosa che desideriamo avere o ricevere è sempre sotto l’albero, al caldo, in casa. Ma gli affetti? Molti ci sono stati portati via negli ultimi due anni in maniera brusca e inaspettata. Abbiamo perso da un giorno all’altro parenti e amici con i quali eravamo certi di poter trascorrere più tempo assieme. E invece non siamo riusciti neanche a salutarli per un’ultima volta. E fra questi, molte figure paterne.“Ma papà non c’è, e non lo vedremo ancora per molto.”
Un Natale senza un papà sembra in contraddizione con l’immagine della figura che simboleggia questa Festa. Protettore dei bambini come narrano antiche leggende, tutti lo attendiamo la notte fra il 24 e il 25 dicembre. I piccoli preparano ancora una tazza di latte con biscotti per lui, i grandi si ingegnano per mantenere a lungo intatta la fiducia in lui. Un papà a Natale è sempre presente nelle nostre case e nei nostri cuori. Ma quest’anno? Ci sentiamo tutti probabilmente un po’ Jo, oggi, consapevoli che il papà non è accanto a noi, a proteggerci. “La domanda di padre non è più domanda di modelli ideali, di dogmi, di eroi leggendari e invincibili, di gerarchie immodificabili, di un’autorità meramente repressiva e disciplinare, ma di atti, di scelte, di passioni capaci di testimoniare, appunto, come si possa stare in questo mondo con desiderio e, al tempo stesso, con responsabilità.”(Il complesso di Telemaco, Massimo Recalcati)
Nei libri, di papà ce ne sono tanti e con caratteristiche diverse. Buoni, cattivi, presenti, assenti. Soprattutto assenti. Se ci pensiamo, l’eroe e l’eroina sono quasi sempre orfani di padri. Come mai? Sempre il già citato Recalcati, nel suo saggio Cosa resta del padre afferma che il padre donatore compensa la “rinuncia al godimento più immediato con l’offerta di un’identificazione idealizzata, con la trasmissione, più precisamente, del diritto di desiderare un proprio desiderio.” Babbo Natale soddisfa i nostri desideri, i regali a cui pensiamo da mesi. Chiediamo sempre ai bambini. “Cosa ti porterà, quest’anno, Babbo Natale?” per essere certi di non sbagliare regalo e renderli felici. Ci aspettiamo sempre il sorriso sui visi dei piccoli il giorno di Natale, sotto l’albero, mentre scartano i regali. Ma se Babbo Natale non arrivasse, cosa accadrebbe? I bambini scoppierebbero in lacrime e il nostro cuore si stringerebbe in una morsa terribile. In molte storie questo accade. Non sempre c’è una mano amorevole che sorregge e si allarga in donazioni. L’eroe impara a stare al mondo da solo, attraversando il bosco e affrontando prove inaudite. Sconfigge draghi e mostri, si inabissa in caverne oscure e arriva ai confini del mondo. E ce la fa, senza un padre accanto, trovando la Legge dentro di sé. In altri romanzi del ventesimo secolo annoverati fra i classici per ragazzi, i giovani protagonisti devono fare i conti con figure paterne scomparse o misteriose. È il caso de La piccola principessa dell’autrice britannica Frances Hodgson Burnett e di Papà Gambalunga della scrittrice statunitense Jean Webster. Sia Sara Crewe che Judy Abbot vivono il peso della solitudine degli orfani abbandonati e incompresi. La prima passa da una fase idilliaca della sua infanzia a una condizione di povertà, la seconda da sempre deve fronteggiare momenti di privazioni affettive. Fino a quando arriva un benefattore sconosciuto, sempre uomo, che si occupa del loro sostentamento.“Sarebbe facile essere una principessa se avessi vestiti eleganti e costosi, ma esserlo sempre dentro di me, all’insaputa di tutti, è un trionfo ancora più grande.”
(La piccola principessa, Frances Hodgson Burnett)
“Credo che la qualità più importante in una persona sia l’immaginazione. Rende la gente capace di mettersi nei panni degli altri. Li rende più gentili, comprensivi e sensibili. ”
(Papà Gambalunga, Jean Webster)
Entrambe le protagoniste capiscono che la vera assenza vive dentro loro, che la forza deriva dalla consapevolezza che anche senza un padre rassicurante accanto si può imparare a lottare da sole. Il coraggio più grande, ci insegnano queste giovani eroine, è proprio quello di sopravvivere all’assenza di quella figura che più di tutti rappresenta la Legge, il limite al desiderio. Ma prive di desiderio esse non restano. La vita da avversa si trasforma in opportunità, perché forse quel padre non si è sottratto per crudeltà, la sua assenza, paradossalmente, non è crudele, non è il disfacimento della giustizia e dell’amore, ma proprio il recupero dell’alterità perché neanche il padre può assurgere alla funzione di assoluta e sicura verità della nostra esistenza. Un padre può sparire, può nascondersi, può morire, ma noi artefici della nostra vita possiamo continuare a desiderare, con le nostre rinnovate forze, riconoscendo che un padre (la Legge, la certezza) può mancare all’appuntamento con l’amore ma non per questo renderci meno innamorati di noi e della vita. Forse quest’anno Babbo Natale non entrerà nelle nostre case, ma possiamo provare a sentirci meno soli con noi stessi, nonostante lo smarrimento che ci circonda, affidandoci all’immaginazione, come ci insegnano molti eroi dei libri, per arrivare a credere che il nostro papà, dal campo di battaglia, tornerà vittorioso e con braccia più forti per riabbracciarci.