Edito da Letteratura Alternativa Edizioni , “Deliri tascabili” dell’autore astigiano Roberto Portinari è la cronaca bizzarra dell’assurdo quotidiano, in bilico sul filo invisibile che delimita il confine fra realtà e allucinazioni.
Apparentemente banali, gli eventi che scatenano le brevi narrazioni che compongono la raccolta rivelano, in un crescendo di tensione, verità assurde. Vi sembra possibile che venga “trovato il cadavere della morte” ??? Oppure che si legga un libro per poi scoprire che la trama è … inesistente?
Avvolte da atmosfere talvolta grottesche e altre stranianti, le semplici e quotidiane situazioni descritte nascondono il pretesto per riflettere su condizioni umane paradossali e, appunto deliranti, come riporta il titolo stesso della raccolta. Lo scopo delle narrazioni di Deliri tascabili di Roberto Portinari è dunque la denuncia di condizioni e stati d’animo socio-culturali attraverso un impianto prevalentemente favolistico che finisce per sorprendere il lettore con le morali spiazzanti contenute nei criptici finali.
Ecco, allora, che carte da gioco, lenti di occhiali, panini, bandiere, insetti si animano e nei loro dialoghi l’essere umano appare distante, incurante di quanto accade, in uno stato di suspence, fino a quando il narratore si intromette furtivamente e gioca con il lettore, interpellandolo.
Un esempio? Nel delirio “Le mosche in compagnia” cinque mosche si ritrovano a bere e a scambiarsi battute in una birreria della città durante una calda sera d’estate, ruttando e stuzzicandosi fra loro, fino a quando, ormai ubriache …
“E l’ultima battuta non si è tradotta, perché la mosca 5, caso mai non lo avessi capito, sei tu, e devi sceglierti la frase che vuoi. Risparmia il fiato, non farmi credere che non rutti, piuttosto pensa a come rispondere alla mosca 3. Non ci resta molto tempo, il proprietario sta già pulendo alcuni tavoli, e le stelle studiano dove trascorrere il giorno. Non ci resta molto tempo.”
Re, imperatori, governatori, sentinelle, forze dell’ordine, tribunali, cinte murarie, sono tutte immagini simboliche di una forza autoritaria che presiede all’impotenza dell’osservatore esterno. Fatti inspiegabili, eppure accaduti, in una quotidianità apparentemente normale, che richiamano, per certi versi, le atmosfere onirico-surreali kafkiane e quelle di Dino Buzzati, soprattutto nel riferimento al tempo dell’attesa.
Dal delirio “La buona notte”
“E il tempo passava. Passava, senza che la solfa cambiasse; ma al governatore si infiammavano di giorno in giorno gli occhi. Cominciava a vedere il mondo ai suoi piedi, le donne più belle sue schiave, le pietre più preziose nei suoi scrigni. E ne aveva ben d’onde. (…) quella notte (passati ormai moltissimi anni) l’uomo riuscì nell’impresa di saccheggiarlo. Quell’uomo aveva rubato al governatore la cosa che tanto magnanimamente lasciava agli altri. Gli aveva portato via la buona notte.”
Infine, in appendice, una breve silloge poetica, dove, in un rapido flusso di coscienza, l’autore rivela i suoi “occhi con tre pupille”, uno sguardo ampio, che si nasconde dietro immagini onirico surreali, confermando la linea delirante dell’intera raccolta.
Un assaggio da “Cieli di plastica”
“Questa sera tutto esce dall’assurdo: / il cielo tramontato è di plastica, le nubi a/ punta coricate. (…) Artifici e fuochi fatui, bisce di vapore. Candele viventi in strada, spente, verbi babelici nell’aria, i miei occhi con tre pupille.”
Mini intervista all’autore
Ciao Roberto e benvenuto. Come nasce la raccolta dei tuoi “Deliri tascabili”?
«Il progetto nasce da molto lontano (nel tempo) e da molto in profondità (nel mio animo). Vorrebbero essere la realizzazione della mia modesta concezione della letteratura. Nati dall’amore per la sintesi, da qui la scelta del racconto breve, ho l’ambizione di portare il lettore a pensare alla gravosità di certi temi universali tipo l’inesorabilità del Tempo, la caducità dei desideri dell’Uomo, la sua piccolezza di fronte a meccanismi imponderabili. Tutto questo servito in una dimensione inaspettata, inattesa, minima, dove prendono vita illogicamente i panini esposti al bar, le carte da gioco, le lenti degli occhiali. E che cosa capiterebbe se si trovasse per caso una bara che contiene la salma della Morte? A me pare di vivere in un mondo dove cade anche la certezza che la Morte non sia vittima di se stessa. E lo esprimo con un assurdo per mio conto suggestivo di Morte-morta, come potrebbe essere di acqua-asciutta, o di sole-freddo. L’urgenza dei deliri deriva proprio da voler sublimare il banale del quotidiano stravolto, imprestandogli una dignità letteraria, che lo porta a tastare ambiti più elevati. Operazione che sconfina fatalmente in una follia innegabile. Si tratta, appunto, di deliri, tascabili perché a portata di mano, che potrebbero accadere in qualsiasi momento, o meglio: per i quali dovremmo farci venire il dubbio che possano accadere in qualsiasi momento.»
I finali dei racconti sono spesso criptici, non hai avuto il timore che risultassero incomprensibili al lettore?
«Spesso il protagonista è disarmato e inconcludente: questa è la spiegazione della troncatura sul punto decisivo della narrazione. Il racconto finisce senza una conclusione naturale, proprio perché a quel punto subentra il lettore, con la necessità di porsi delle domande e completare. O, se lo stesso ritenesse troppo surreale e pretenziosa un’operazione del genere, vorrei almeno informare sul fatto che lo scrittore si è messo in quelle condizioni, cioè di scrivere un breve racconto che, attraverso metafore – diremo – bislacche, lo ha portato a pensare a temi eternamente inquietanti. C’è indubbiamente una tendenza all’esasperazione della cripticità e della scarnificazione della narrazione, ma è un rischio calcolato sulla scommessa di una scelta considerata adatta all’intenzione. Poi, sai, si tratta di un libro d’esordio, spero di avere ancora occasione, in futuro, di lavorare a un’evoluzione stilistica oltre che di contenuti.»
Le atmosfere create nei tuoi racconti rimandano alla poetica dell’assurdo di autori come Kafka e Dino Buzzati. É proprio così? Ti sei ispirato a loro? E in cosa ritieni, invece, di esserti distinto da loro o da altri autori, e aver dato una tua impronta personale?
«Kafka e Buzzati sono due giganti del Novecento. Non solo segnalo, ma la grido, l’ispirazione che ho tratto da loro, soprattutto dal secondo. Che mi ha affascinato, oltre che per i temi, anche e soprattutto per lo stile, figlio della sua persona naturalmente elegante. È normale sostenere che chiunque scriva rappresenti la sua unicità e, per quanto ispirato da uno o più maestri, conservi delle prerogative del tutto sue. Però onestamente ritengo di non essere nelle condizioni di sottolineare io elementi di contatto o di scostamento con i due autori citati. Per me sarebbe già una soddisfazione più che appagante solleticare la curiosità di un lettore e avvicinarlo alla mia interpretazione di una parte della realtà attraverso questo libro. Grazie naturalmente, infine, alla casa editrice Letteratura Alternativa, perché Romina Tondo e da Pablo T hanno scommesso sulla mia raccolta di racconti, e, senza di loro, sarebbero restati deliri silenziosi avvolti su loro stessi.»