Il diritto del bambino al rispetto di Janusk Korczak, un piccolo libro per fermarsi ad ascoltare il mondo dei più piccoli.

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Pubblicato nel 1929, Il diritto del bambino al rispetto è un libro brevissimo scritto dal pedagogo polacco Janusk Korczak con uno stile semplice, discorsivo, diretto e perciò incisivo nella trasmissione del messaggio. Potremmo definirlo una sorta di guida alla riflessione del mondo del bambino, molto spesso dimenticato e il più delle volte superficialmente frainteso dall’adulto.
Il libretto si apre con la frase “Cresciamo con l’idea che grande sia più importante che piccolo”. L’errore in cui incorrono gli adulti, sottolinea l’autore, è proprio quello di sottovalutare la potenza del sapere di un bambino. Con i loro atteggiamenti e le loro pretese, i grandi sembra vogliano far credere che egli non sia ancora in grado di capire e che perciò debba sottomettersi alle regole e ai saperi del mondo adulto, che debba essere sorvegliato e protetto dalle difficoltà e dalle sofferenze della vita con lo scopo di aiutarlo e fargli del bene, mentre il pedagogo invita gli adulti a preparare i bambini alle avversità della vita. Gli adulti sono perciò portati a manifestare loro affetto con atti di egoismo che scambiano per tenerezza, come quando li stringono a sé e in realtà non fanno altro che stringersi a se stessi per scappare dalla sofferenza, caricando i piccoli delle loro preoccupazioni.
L’autore fa notare come verso il bambino gli adulti provino spesso atteggiamenti di sospetto, di accusa e di sfiducia, mentre in realtà egli è un essere intelligente, in grado di capire necessità, difficoltà e ostacoli della sua esistenza.  A differenza di quello che la società vede nel bambino, cioè solo un adulto di domani, Korczak coglie nell’infanzia il momento cruciale in cui l’ascolto, la comprensione e la complicità possono diventare i mezzi per una crescita migliore. “Esiste l’erronea opinione secondo cui la gentilezza renderebbe insolenti i bambini, e che la risposta alla dolcezza siamo il disordine e l’insubordinazione”  afferma il pedagogo, e gli educatori spesso ricorrono ad atteggiamenti ammalianti, persuasivi o di falsa benevolenza. Le risposte a questi modi di porsi non tarderanno ad arrivare, provocando da parte dei bambini disprezzo, ostilità e cospirazione, mentre la comprensione verso l’eccitazione e l’ebbrezza che prova il bambino, che si nutre di ossigeno come un uomo di vodka, avvicina gli adulti al suo mondo, rendendoli loro alleati.

Janusk Korczak, pedagogo, medico e scrittore polacco di origini ebree e dalle idee scomode per la società che decise spontaneamente di seguire i bambini orfani del ghetto di Varsavia durante la deportazione nei lager dove morì, fondò infatti la Casa degli Orfani per educare i ragazzi a diventare adulti liberi tolleranti. Qui si entrava all’età di sette anni e si usciva a quattordici. A differenza delle abitudini consolidate, egli basò il suo insegnamento sull’ascolto, sulla collaborazione e sulla comprensione. I più grandi infatti aiutavano i piccoli nelle faccende domestiche (rifare i letti, pulire le stanze, preparare le tavole ) e tutti erano dediti ad attività artigianali. Furono stabilite regole di convivenza, fra cui l’igiene. All’interno della comunità fu istituito un tribunale composto da giudici di ragazzi eletti fra loro stessi. Venivano decise le punizioni, mai corporali, che avevano lo scopo di decretare in maniera oggettiva la realtà dei fatti, basata sulla comprensione e sul perdono verso l’altro, perché secondo Korczak: “Nessun ragazzo è difficile o cattivo, ma lo diventa perché è infelice. Dovere dell’educatore è scoprire che cosa lo tormenta” . Egli riteneva, inoltre, che la cosa peggiore è che un ragazzo abbia paura dei suoi genitori, dei suoi maestri, per questo la sua frase ricorrente era: “bambini al guinzaglio, ricchi e poveri”.

Negli ultimi due capitoletti del breve saggio, viene messo in risalto che il bambino non è solo proiettato verso il futuro, ma ha un suo passato e vive nel presente, è importante pertanto imparare a rispettare le sue fasi di crescita, le sue domande curiose sul presente e le riflessioni sul futuro, le sue lacrime e le sue sconfitte, incoraggiandolo con atteggiamento comprensivo e abolendo l’uso di percosse e di un rigido controllo. L’autore infatti ritiene quanto segue: “Dobbiamo rispetto alle ore, all’oggi. Come farà un domani, se non gli permettiamo di vivere oggi una vita consapevole e responsabile?”.

I veri esperti allora sono proprio i bambini, è a loro che occorre rivolgersi per capirli, e sono loro che bisogna tutelare con un’educazione al rispetto a quello che si è.
Leggendo il libretto, pagina dopo pagina il lettore si sentirà trascinato in una spirale di sensazioni contrastanti, accarezzato talvolta dalla sensibilità delle parole di Korczak, altre accusato da un piccolo tribunale interiore, domandandosi se il bambino che egli è stato, è stato correttamente ascoltato e se l’adulto che sta diventando è in grado di comprendere le esigenze del bambino che magari ha già accanto e quello che ancora alberga in sé.

In conclusione possiamo affermare che lo scritto risulta molto attuale perché, nonostante oggi siano stati sanciti i diritti dei bambini, sappiamo bene che esistono Paesi del mondo in cui l’infanzia viene ancora negata e, paradossalmente proprio presso la società più “civilizzata” si verificano episodi incresciosi che di rispetto verso il bambino hanno ben poco. Non solo, anche nei piccoli gesti di tutti i giorni manifestiamo atteggiamenti poco attenti verso i più piccoli, trascinati dal vortice della frenesia quotidiana che ci porta a volere e a concedere tutto e subito. Queste preziose pagine lanciano un monito molto importante, colpendo come un mea culpa molti genitori ed educatori che cominceranno a riflettere quando, nel momento di voler imporre il rispetto per i grandi, si soffermeranno in primis a rispettare il bambino che hanno di fronte.