Fra insicurezze e solipsismi, nel suo romanzo breve Il nero e l’argento, edito da Einaudi nel 2014, Paolo Giordano smaschera la fragilità delle famiglie contemporanee.
IL NERO E L’ARGENTO
Paolo Giordano
Romanzo
Einaudi
pagg. 118
Euro 15,00
ISBN 978-88-06-22161-4 – Anno 2014
“Se i nostri anni migliori fossero davvero questi non sarei soddisfatto dell’uso che ne stiamo facendo.”
I gambi accuratamente accorciati tengono in perfetto equilibrio il mazzo di tulipani bianchi adagiati nel vaso, sul comodino, nella stanza da letto dove una donna anziana esala lenti respiri. Lo sguardo di suo marito, nella foto accanto al vaso, attende di accoglierla nuovamente fra le sue braccia. Un uomo, una donna e un bambino le sono accanto per l’ultimo saluto.
Cosa rimane di noi. Storia di famiglie in bilico
“Gli archeologi del futuro non troverebbero fotografie, le poche abbiamo sono racchiuse nel disco rigido del computer che, quando verrà rinvenuto, sarà già inservibile da moli anni. (…) L’esistenza del nostro tempo insieme è affidata alla buona memoria, la nostra e quella in silicio di una scheda madre.”
Quello che descrive Paolo Giordano nel suo breve romanzo “Il nero e l’argento” – Einaudi 2014, è un nuovo Medioevo dell’anima, in cui i ricordi svaniscono, soppiantati dalla tecnologa e dagli arredi metallici dai colori freddi e dai design minimalisti. Con il riferimento alla teoria degli umori di Galeno, l’autore osserva e analizza, con il rigore di un fisico, i sentimenti contrastanti che si combinano all’interno di un mini-nucleo familiare contemporaneo e benestante: Nora, la moglie madre impegnata professionalmente, sempre in giro per lavoro, che arreda case altrui e nella sua vita privata non riesce a gestire le incombenze domestiche, il marito padre ricercatore universitario, riflessivo e razionale, alle prese con la precarietà lavorativa che accantona le sue pretese di ambizione presso un centro di ricerca a Zurigo a favore della serenità di Nora, ed Emanuele, figlio unico, attratto dalla tecnologia, che passa il tempo libero con i videogiochi.
Il marito è la voce narrante della vicenda, che ruota intorno alla figura della signora A., soprannominata Babette, come la protagonista del noto racconto della scrittrice Karen Blixen. Con la sua presenza, l’anziana donna garantisce equilibrio alla famiglia, che prima del suo arrivo provvidenziale “oscillava pericolosamente al vento come una pianta giovane”.
La figura di Babette
Babette è una vedova dai modi di fare bruschi ma schietti ed è tirchia ma risoluta nelle sue scelte. Entra nelle vite della giovane coppia in maniera casuale quando Nora è costretta a letto per una complicanza della gravidanza. Quello che avrebbe dovuto essere un aiuto momentaneo, si prolunga nel tempo come una presenza fissa anche dopo la nascita del bambino.
Come una fata madrina, Babette culla, vizia, coccola, cucina e sa cucire, è l’emblema dell’antica saggezza che non è stata tramandata alle nuove generazioni, che si muovono su un terreno instabile, privo di radici. Figlia di genitori separati, Nora assapora la fragranza di un affetto mancato, la vicinanza di una figura rassicurante. La signora A. è una credente devota, a differenza dei due coniugi. Il marito di Nora razionalizza tutto di giorno e di notte soffre d’insonnia. Patisce le insicurezze professionali e frequenta uno psicoterapeuta che definisce la sua una depressione filosofica, segnandogli gocce di Xanax per conciliare il sonno. Quando alla signora A. verrà diagnosticato un crudele e rapido carcinoma e a quel male che la mangia interiormente la donna non vorrà dare in tutti i modi via di scampo, finendo per rivolgersi alla medicina alternativa, con il suo rigore scientifico, il ragionevole padre di famiglia finirà per schernire tale scelta.
Presagio triste
Con lo stesso titolo, “L’uccello del paradiso”, divisi rispettivamente in I e II parte, il capitolo iniziale e quello finale, nella loro specularità, annunciano un presagio. Una rara specie dell’uccello del paradiso si presenta a Babette mentre lavora nell’orto alle spalle del condominio, per poi ricomparire sul davanzale della finestra della donna nel momento della sua dipartita dal mondo. Questa sorta di premonizione mostra così il suo duplice volto: il tempo dedicato da Babette alla famiglia è un limbo in cui ricostruire nuova vita.
Mentre la signora A. si aggrappa alla vita, Nora e suo marito tentano di superare il momento di impasse che stava facendo scricchiolare la loro affettività familiare. In quel momento, infatti, l’incrinatura della relazione coniugale dei due protagonisti, ricucita grazie alla presenza della tata, mostra tutta la sua fragilità. La linfa attiva e ruvida di Babette per un istante ha dato densità e, di conseguenza stabilità, ai due caratteri liquidi di Nora e Renato.
Equilibrio precario
“Ciò che Galieno non spiega con chiarezza è se gli umori siano miscibili fra loro come vernici, oppure se convivano separati come l’olio e l’acqua (…) Per un lungo periodo credetti di sì. Ero sicuro che l’argento di Nora e il mio nero si stessero mischiando lentamente e che lo stesso fluido metallico e brunito avrebbe infine percorso entrambi, un colore simile a quello di certi antichi gioielli berberi (…) L’esuberanza di Nora e la mia malinconia; la fermezza viscosa della signora A. e il disordine etereo di mia moglie; il limpido ragionamento matematico che avevo coltivato per anni e il pensiero ruvido di Babette: ogni elemento, nonostante l’assiduità e l’affetto, restava diviso dagli altri (…) Eravamo, a dispetto delle nostre speranze, insolubili l’uno nell’altro.”
La cupezza del temperamento malinconico del protagonista maschile si riflette in una narrazione densa nella lucida analisi dell’amore e viene diluita da uno stile frammentario e dai frequenti salti temporali. Come nel suo primo romanzo con cui si è aggiudicato sia il Premio Campiello che il Premio Strega “La solitudine dei numeri primi” – Mondadori 2008, i personaggi di Paolo Giordano si sottraggono al flusso dei sentimenti, ma questa volta agli atteggiamenti passivi e autolesionisti si sostituisce una riflessione esasperata dell’affettività contemporanea.
Per le emozioni sembra non esserci via di scampo, o forse non esistono formule matematiche che possano risolvere equazioni che di complesso, come dimostra la presenza di Babette, hanno solo l’eccessiva cerebralità del calcolo.
Chi è Paolo Giordano
Classe 1982, Paolo Giordano è laureato in fisica teorica. Nel 2008 pubblica il suo primo romanzo, La solitudine dei numeri primi – Mondadori con il quale si aggiudica il Premio Campiello e il Premio Strega. Seguono nel 2012 l corpo umano -Mondadori, nel 2014 Il nero e l’argento- Einaudi, nel 2018 Divorare il cielo – Einaudi e nel marzo 2020 Nel contagio – Einaudi.