Riscriver-si come donna, rivivendosi bambina e scoprendosi ancora. É questa l’operazione che in “Pampaluna”, Dalia Edizioni – 2024, fa Sara Durantini, autrice di origini mantovane, ternana di adozione, impegnata da anni nell’indagine della scrittura femminile. Ricordiamo il suo libro dedicato al Premio Nobel per la Letteratura 2022 “Annie Ernaux. Ritratto di una vita.” Dei Merangoli Editrice – 2022.
«Per molto tempo, sono stata un corpo senza storia.»
Esistono luoghi che si insinuano prepotentemente nelle crepe della memoria. Restano a farsi ricordare con i loro colori, suoni e odori. Sono luoghi che, a distanza di anni, ci fanno domandare se sono realmente esistiti, perché si sono mescolati a tal punto con il nostro vissuto personale che ci appaiono oramai estranei, di una estraneità che destabilizza perché in realtà, sappiamo bene, cela profonde radici a noi familiari.
Succede con i luoghi della nostra prima infanzia, di cui ci arrivano immagini sbiadite che cominciamo a rincorrere come ipnotizzati, attratti dal desiderio di conoscere quanto indietro possano riportarci.
Succede a chi vuole ritrovarsi, quando scopre di appartenere a quel luogo e di essere fatto di un tempo che vuole trovare posto nel punto esatto in cui, come diceva Sartre, passato e futuro si incontrano, quando è nel presente che diamo un senso a chi siamo e vogliamo essere.
Cominciano così tutte le storie, raccontando di luoghi lontani che forse sono stati, forse chissà, dove la vita accade…
« ‘Pampaluna’ sussurrò Caterina a fior di labbra. E poi, guardandomi dritta negli occhi, aggiunse: ‘così si chiama la tua cascina, lo sapevi?’ Fu quella la seconda volta che sentii il nome di quel luogo di fuoco e acqua.»
Scheda del libro:
Autore: Sara Durantini
Genere: Narrativa
Casa editrice: Dalia Edizioni
Pagine: 144
Prezzo: Euro 14,00
ISBN: 9788899207694
La storia di Pampaluna vede i suoi esordi editoriali vent’anni fa, per poi rinascere a nuova vita, scavando nei ricordi più recenti alla ricerca di quei fili invisibili che si intrecciano inevitabilmente a quel che siamo stati ieri. Una storia raccontata per sfuggire all’oblio, la prigione a cui troppe volte, nel corso dei secoli, sono state relegate le donne. Protagoniste, il più delle volte, di storie silenziose, di una monotona quotidianità che nasconde una sacralità di primo acchito imperscrutabile.
«… una casa azzurra immersa nell’oro del granoturco vicino alle sponde del fiume Oglio.»
Una immagine quasi fiabesca, immersa in una dimensione atemporale apre la narrazione, che per tutto il tempo si avvale di una rievocazione sinestetica. Dall’odore del fieno e del «pane tostato inzuppato nel latte appena munto» alla luce cerulea delle imposte, fino al «cielo stellato e l’aria tiepida».
Una mamma che rammenda e una nonna che tiene sulle ginocchia un cesto di vimini mentre pigolano pulcini … e i tempi passano. E la protagonista bambina, di quattro anni, con le trecce che scendono sulle spalle, viaggia a bordo di un trattore fra i campi e festeggia la spremitura dell’uva … e il tempo passa anche per lei, in un moto ondoso che oscilla costantemente tra passato e presente, mentre la Storia le scorre accanto, facendo il suo corso.
«Sono le piccole cose che restano dentro. Si appiccicano alla pelle, come i luoghi vissuti, i profumi respirati, i libri letti, la musica ascoltata.»
“Pampaluna” è, fra le tante cose, un amarcord denso di eventi del passato italiano e di quelli che hanno segnato il decennio ’80-’90, dalla musica pop nostrana e d’oltreoceano al cinema, dall’alluvione del Polesine alla caduta del Muro di Berlino. Perché noi siamo fatti di storie che si intrecciano alla grande Storia, siamo il riflesso delle piccole storie che ci attraversano e gli avvenimenti che ci segnano in quanto comunità. Ma c’è una parte di comunità sociale che prende vita in “Pampaluna” e si rivela con una voce potente, quella femminile, della sua condizione nella società patriarcale.
«Ero nata in un corpo a cui era stata preclusa la parola.»
La piccola protagonista scopre di non articolare bene le parole e il suo diventa un mondo ovattato fatto di suoni nascosti nella sua anima di piccola donna in crescita. Deve imparare ad articolare le parole durante le sessioni di logopedia nel centro abitato in cui si trasferisce a seguito della separazione dei suoi genitori, coinvolta in una vera odissea interiore. E allora viene voglia di correre ad abbracciare la bambina smarrita, confusa dalle incoerenze del mondo adulto, delusa dalle aspettative tradite, mentre fuori il Pci viene sconfitto e il Muro di Berlino crolla. Come nelle fiabe, sarà una fata madrina a porgerle in dono lo strumento per affrontare le sue paure più grandi: una maestra con un quaderno e una penna. E le storie sopite prendono vita e plasmano la realtà della giovane protagonista che, attraverso l’istruzione, accede a una nuova realtà, oltrepassando le barriere e le aspettative di classe. E chi è la nuova donna che oggi racconta? Un insieme di frammenti di ieri e di oggi: l’immagine delle lunghe trecce dorate come il fieno nel granaio dove correva con gli zoccoli ai piedi e si tuffava sulle balle scorticandosi le ginocchia, cadendo dalla scala, l’adolescente riflessiva dal petto stretto nella maglia di Fiorucci che ascolta la musica nella sua stanza, e intanto sogna di diventare scrittrice, ma non può dirlo e deve confessare di voler fare la maestra, mestiere dignitoso e remunerativo.
Con il suo lungo racconto “Pampaluna”, Sara Durantini offre, alla stregua della sua prediletta Annie Ernaux, una singolare prospettiva che connette l’esperienza personale a questioni di più ampio respiro sociale, dal persistere del pensiero patriarcale alle soglie del Duemila alla liberazione della donna, appartenente alla classe media, attraverso l’istruzione.
E come si libera la giovane protagonista di questo racconto? Attraverso la parola scritta, che per affermarsi deve conoscere la vergona della sua immaginazione.
Come accade per la voce narrante di “Quaderno proibito”, romanzo scritto da Alba de Céspedes e pubblicato nel 1952, per una donna le proprie confessioni su carta devono restare nascoste, perché, come scrive Durantini: «Solo la carta, il nudo foglio bianco le permetteva di esprimersi. Il foglio bianco era sinonimo di una vastità di possibilità.»
Ma cosa può esprimere di davvero importante una donna? Agli occhi della società patriarcale i suoi pensieri possono apparire vacui e inutili, e questo una donna lo sa, lo ha sempre saputo.
Sara Durantini, passando in rassegna i suoi ricordi, si avvale di citazioni di scrittrici per esprimere le consapevolezze acquisite, facendo ricorso a parole pronunciate con coraggio, embrioni di creature che hanno imparato a muovere i primi passi nel mondo con crescente coscienza. Risiede in questo la potenza della scrittura femminile.
«Li vedi i solchi lasciati dal sangue? È su quelli che è stata costruita la tua casa. È lì che ora vive il tuo tormento.»
Chi è Sara Durantini:
Sara Durantini, nata a San Martino dall’Argine (MN) nel 1984, è laureata in Lettere moderne e da giovanissima inizia a dedicarsi alla scrittura. Infatti vince l’edizione 2005-2006 per la sezione inediti del Premio Tondelli con il racconto L’odore del fieno e nel 2007 pubblica Nel nome del padre (Fernandel Editore). Partecipa alle antologie collettive di varie case editrici. Nel 2021 pubblica L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux (13lab editore). Nel 2023 esce per Dalia Edizioni l’antologia da lei curata dal titolo “La terra inesplorata delle donne”. Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee.